Postfazione
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Fra te e me, amico mio
Benedici il Signore, anima mia / Quanto è in me benedica il Suo santo Nome. Salmo 102
Nulla ti turbi, / nulla ti spaventi, / solo Dio basta. Santa Teresa d’Avila
Credo in te, anima mia / credo in te. Walt Whitman
Amico mio carissimo, quello epistolare è forse l’unico stile possibile per scrivere la postfazione ad un libro così particolare e profondo, tutto dedicato al dialogo con l’anima. E basterebbero queste tre citazioni, che riprendo dal tuo testo, per dare un’idea dell’orizzonte su cui desidera affacciarsi. L’anima permea tutto e conosce tutto, così tu l’invochi e l’interroghi, ma per farlo metti in campo tutta la tua conoscenza, frutto di una vita di studio e di ricerca, creando un vero e proprio zibaldone senza confini: Sacra Scrittura e letteratura spirituale, poesia e biografia, religioni e mistica, psicologia e arte, linguistica e diritto, teologia, filosofia e storia, biologia, paleoantropologia e fisica, ma anche molto altro… D’altronde se l’anima è in tutte le persone, perché è lei che le rende tali, tutte le opere umane ne sono il frutto e l’espressione, consapevole o inconsapevole: l’anima evolve nell’umano e l’umano permette all’anima di esprimersi. E come ti ha insegnato il grande maestro Teilhard de Chardin: quando tutto il resto sarà sparito, essendosi concentrato o dissolto, rimarrà solo lo Spirito (cit. da te). Energia materiale ed energia spirituale agiscono in perfetta unità per sublimare il mondo e trasfigurarlo in bellezza e verità. Dalla Materia allo Spirito, dall’Alfa all’Omega, l’essenza dell’anima prende forma per rivelare il divino. Eppure gli interrogativi superano sempre le risposte, perché questa è la nostra condizione umana: riuscire a porsi domande cui la nostra mente non potrà mai rispondere. Ed ecco il dialogo mistico, il colloquio spirituale, a volte monologo, a volte rivelazione.
Caro amico mio, ti chiedi in che modo possa l’anima comunicare con noi, ti domandi perché non si faccia sentire più chiaramente, ti interroghi sul silenzio di Dio. Allora dobbiamo fare un passo indietro, altrimenti non possiamo capire e non possono comprendere nemmeno i nostri lettori. Tu hai fatto un cammino molto speciale, hai compiuto un itinerario spirituale che ti ha guidato fino alla tua anima, al tesoro più prezioso. Dalla conversione dell’io alla scoperta del prossimo, dalla missione alla scrittura, passando per Verdiglione e la santa Madre Teresa di Calcutta. Hai portato a termine un percorso analitico tormentato e sofferto, hai capito cosa serve davvero imparare e così hai appreso che il segreto della vita si nasconde nel mistero della morte e che solo imparando a morire avresti imparato a vivere. Ma non sapevi ancora che questo cammino è senza fine. O come scriveva Antonio Machado: caminante no hay camino, se hace camino al andar… [pellegrino, non c’è un cammino, il cammino si fa andando]. Non sapevi ancora che la meta sarebbe stata l’anima e che l’anima è infinita nel finito e che la sua conoscenza supera la nostra esistenza. Vale a dire che solo lei può insegnarci la morte perché solo lei la conosce. Ma la sua conoscenza è vita perché la sua essenza è eterna come quella di Dio. E così, ancora prima di conoscerla, era lei che ti conduceva a se stessa per portarti a Lui. Ecco le parole di sant’Agostino: non ti avrei mai cercato se Tu non mi avessi già trovato. Ed ecco, sempre da lui, svelato il cammino: in interiore homine habitat veritas. Non esiste altra via da percorrere fuori di sé, e tu l’hai capito.
Amico mio, so quanto hai sofferto per trovare la tua strada, ma ora tu hai capito che il sentiero era tracciato, che qualcuno stava aspettandoti e che valeva la pena lasciare tutto per poterlo incontrare. Hai capito che bisogna eliminare tutto quello che non serve a questo incontro e che, come uno scultore dell’anima, va cercato l’essenziale eliminando il superfluo che lo circonda. E giorno dopo giorno l’opera prende forma e si rivela, ma invece di essere tu che guardi lei, è lei che guarda te, e tu puoi soltanto cercare di vedere attraverso i suoi occhi per scoprire ciò che solo lei può vedere: lei è l’occhio di Dio in te. Solo lei ti può guidare, solo lei ti può proteggere e tu la devi custodire: eri il guardiano del tuo museo, ora sei il custode della tua anima. Lei si rivela in te affinché tu diventi lei, e tu e lei possiate essere una cosa sola, ma questo cammino è infinito come la sua meta. Allora nulla di te si perderà, se sarai tutto in lei, e nulla ti potrà nuocere, perché sarà lei ad essere giudicata per te e non tu per lei. Ora tu hai capito che, guardando tutto e tutti con i suoi occhi, ti avvicinerai all’Essenza spirituale fino a sfiorare lo sguardo di Dio sul tuo abisso interiore illuminato dalla Sua luce. Ora siamo come specchi che brillano di luce riflessa, e senza quella luce ci spegniamo come candele al vento e diventiamo opachi come vetri corrosi dal mare. Ma un giorno potremo vedere faccia a faccia, ci annuncia san Paolo, e brilleremo come stelle e non più come pianeti, perché saremo solo anima la cui materia sarà stata scolpita via.
Caro amico mio, da quando ti sei risvegliato hai compiuto molte opere, hai percorso molte strade e lasciato molti semi di vita, come figli sparsi per il mondo. Vittorio ha già ricordato il tuo servizio da servo inutile, dai bambini indiani ai baraccati sudafricani in quello slum di periferia, così abbandonato e sporco da sembrare l’inferno di Sodoma e Gomorra, ma così umano e vivo da essere City of God. Perché tu hai imparato che Dio non può abitare dove non c’è spazio per Lui, dove la ricchezza di troppe cose lo confina ai margini, dove ci sono altre preoccupazioni e la Sua presenza non serve a nessuno. Hai imparato che lo Spirito Santo opera soltanto nell’animo di coloro che ne sono degni, che lo vogliono, pregano, invocano (tua cit.). Per questo Dio sceglie i poveri, gli ultimi, i sofferenti, e va dove più è desiderato, dove più è cercato, pregato, invocato. E lì trova posto perché non c’è più nient’altro, e lì può riempire il vuoto e dare senso a quel niente per essere tutto in ogni cosa. L’infinitamente grande abita nell’infinitamente piccolo e, più questo è piccolo, più Lui può diventare grande. Come l’oceano fatto delle tue gocce d’amore universale, che sono solo gocce ma, se non ci fossero, all’oceano mancherebbero, insegnava la Santa di Calcutta, perché anche l’oceano non è che un infinito insieme di microscopiche gocce.
Eppure, amico mio caro, il viaggio è stato lungo ma non è ancora finito, perché il vero viaggio è senza fine, anche se non senza meta. La tradizione cristiana insegna che l’esperienza della fede in Dio è come un susseguirsi di nuove chiamate, vere e proprie nascite, e tu l’hai sperimentato. Prima di tutto ti sei riconosciuto creatura plasmata da un Creatore. Poi hai incontrato e amato Gesù come Figlio di Dio. Attraverso Gesù, il Cristo, hai contemplato il mistero trinitario della perfetta relazione d’amore tra il Padre e il Figlio, che è lo Spirito Santo. Infine hai trovato e amato Gesù nei poveri, e ciò che facevi loro era come se lo avessi fatto a Lui. Anche questo te l’aveva insegnato la tua maestra, la santa Madre di Calcutta, con le sue famose cinque parole: lo avete fatto a me. Ma ora hai scoperto la tua maestra interiore e lei ti insegna che la carità è un mezzo e non un fine, perché il nostro fine è spirituale e questa vita dovrebbe prepararci a raggiungerlo. Ogni tua tappa ed ogni tua opera portavano a lei e, una volta cominciato questo secondo viaggio, non possiamo più interromperlo. Ormai sei in cammino per il terzo viaggio, quello in cui tu e lei camminerete mano nella mano lasciando solo due impronte. Ma neanche quello sarà l’ultimo, perché il cammino verso una meta infinita non può che essere infinito e il viaggio dell’anima senza tempo.
Amico mio carissimo, siamo proiettati in questo dinamismo cosmico e divino che trasforma la biosfera in noosfera, permeando tutte le cose e tutti gli esseri per l’evoluzione dell’intero pianeta, che è appena un frammento infinitesimale del nostro universo. E anche questo fa parte del cammino di perfezione che ci comprende e per cui, come giustamente dici, dobbiamo riuscire a liberarci di tutte le cose che lo limitano. Ma come potremmo capire questo immenso mistero che ci trascende finché ne siamo ancora parte? Come potremmo immergerci nella purezza dello Spirito finché siamo interamente coinvolti nella materia? Come potremmo tentare di comprendere il divino finché abbiamo ancora un cervello umano, troppo umano? La tua risposta è chiara: tutto ciò può avvenire proprio attraverso l’anima perché lei è la nostra finestra sull’inconoscibile. Lei completa la mente, che è più del solo cervello fisico e raggiunge il pensiero spirituale: dalla materia alla vita, dall’istinto all’intelligenza, dalla coscienza all’autocoscienza, dalla consapevolezza allo Spirito. Lei guida questo itinerario divino fino ad emergere dai primordi della materia per renderci coscienza dell’universo. Senza autocoscienza non sapremmo nemmeno di esistere, ma senza coscienza del mondo sarebbe come se il mondo non ci fosse. Quindi la mente ha questo doppio ruolo: renderci consapevoli della nostra esistenza e, allo stesso tempo, permettere alle cose di essere. Ma perché l’essere e non il nulla? Perché l’Essere non può non essere in ogni cosa e l’anima è l’alito di Dio che infonde la vita per Lui. Quindi non sono le evidenze, non sono i grandi fenomeni a rivelarci la Sua presenza, ma un’invisibile corrente spirituale nascosta in tutto ciò che esiste: “Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. E dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera” (1 Re 19,11-12).
Amico mio, sono ammirato per il tuo sforzo di cercare ancora il senso del mondo attraverso le tue riflessioni, ma so anche molto bene che è il tuo pensare quotidiano e perciò il tuo naturale dialogare con l’anima. Questo è forse il più bello e il più interessante dei tuoi libri, che hanno sempre riflesso una fase della tua vita. Se li osserviamo in prospettiva evolutiva, potrebbe sembrare logico che l’ultimo sia sempre il migliore, ma non tutti siamo persone in evoluzione e soprattutto in evoluzione spirituale; non tutti siamo capaci di restare coerenti all’evoluzione cosmica accogliendo il ruolo per cui siamo nati; non tutti siamo cercatori della Verità nascosta. Quando ti ho incoraggiato a continuare la tua missione anche con la scrittura, intendevo proprio questo: sviluppare uno strumento che ti permettesse di andare sempre oltre, sempre avanti, verso la meta. Infatti scrivi: “La matrice del pensiero è la mente; la penna è il mezzo e la scrittura il viaggio”. E in questo libro tutti possiamo capirlo: basta iniziare a leggerlo, immergendosi nel tuo mondo messo a nudo con sincera onestà, per venire attratti dal suo flusso magnetico. Qui possiamo trovare davvero tutto: le certezze, i dubbi, le tentazioni, le lodi, le proteste, i progetti, i limiti, i timori e la speranza. Soprattutto la speranza che, secondo te, salverà il mondo perché possiamo anche vivere sena credere, ma non senza sperare: “Un mondo disperato genera di tutto, distruzione di sé e del prossimo” (tua cit.). Se in passato avevi scritto che la bellezza di Dostoevskij per te era la bontà, ora scegli la speranza ed hai ragione. Già Platone indicava che il bello e il buono sono inseparabili, e Plotino che la suprema bellezza coincide con la perfetta bontà. Ma questa coincidenza si completa soltanto con la verità che, insieme agli altri due trascendentali, costituisce la natura divina: bellezza, bontà e verità. E la speranza? La speranza è umana, insieme alla fede e alla carità. A Dio non servono le virtù teologali, sono aspirazioni umane, doni che riceviamo per tornare a Lui. E se san Paolo ci dice che su tutte prevale la carità, noi sappiamo che non ci sarebbe carità senza speranza. Così la domanda diventa: il mondo verrà salvato da Dio o dagli uomini? Senza la speranza umana sarebbe come se la grazia divina non esistesse, ma senza la grazia ogni nostra speranza sarebbe vana. Risuona profetico il pensiero di Heidegger: solo un Dio potrà salvarci.
Carissimo amico mio, ti ringrazio per questo viaggio infinito che, una volta iniziato, non può più terminare. Il tuo dialogo con l’anima potrà continuare in eterno, visto che non avete solo questa vita, e noi ci aspettiamo che continui anche per i lettori che sono i sostenitori dei tuoi progetti. Gli argomenti rimangono tutti aperti, e questo rende il libro più interessante. Potremo parlare ancora della natura di Dio e del mistero del male, potremo leggere ancora quanto hai appreso dalle religioni e dalla mistica cristiana, condividendo letteratura, filosofia e scienza. Ma anche della lotta contro i tamburi, che è una grande metafora della vita, con i suoi disturbatori e le sue distrazioni che offuscano il pensiero e spengono la contemplazione. Sono molti i nemici dello spirito, ma basta una flebile luce per illuminare l’oscurità, una piccola speranza per combattere la disperazione, una sola goccia d’amore per cominciare a vincere l’odio. In fondo il tuo messaggio è semplice: se confidiamo nell’anima nulla potrà turbarci e l’anima ci condurrà sino a Dio. Amare Dio e servire il prossimo, servire il prossimo e amare Dio.
Daniele Spero, docente del Patriarcato di Venezia