Prefazione
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La vita è un cammino, più o meno lungo, verso un traguardo che attende tutti. Ci sono tanti modi di avvicinarsi. Pochi lo fanno con gioia, è un passo che si vorrebbe evitare. Oltre quella porta c’è l’ignoto. Per tutti. Nemmeno chi ha fede sa cosa l’attende. Crede, spera. Oppure scommette, come Pascal. Claudio Turina crede. Intensamente da una trentina d’anni. Con la forza della fede del convertito che lo ha portato come San Francesco – ma il paragone è solo esemplificativo, ogni altro accostamento sarebbe fuori luogo – a lasciare una vita che, usando parametri frivoli, potremmo definire, agiata, di successo e piacevole, per iniziare un percorso in salita, fatto di rinunce, sacrifici, povertà, dedizione agli altri. Missionario laico. Ha avuto il privilegio di avere come “maestra” Santa Teresa di Calcutta. Claudio si è donato agli altri, seguendo il suo istinto, agendo spesso in solitudine, ponendosi obiettivi importanti. Servo inutile, si definisce lui. In realtà negli anni il suo servizio è stato utilissimo. Lo sanno le popolazioni che hanno beneficiato del suo aiuto. Contributi concreti per aiutare i poveri del mondo: assistendo i bambini di strada a Bombay, curando i lebbrosi in Guinea Bissau, contribuendo a portare l’energia elettrica in alcuni villaggi andini in Perù, scavando pozzi per l’acqua in Tanzania. Ora il suo nuovo fronte è la baraccopoli di Accra, dove vivono in totale povertà, senza acqua corrente, servizi igienici ed energia elettrica, centomila persone. Gli ultimi nella povera scala sociale della capitale del Ghana. Il loro lavoro è frugare tra i rifiuti dell’immensa discarica, confinante con la baraccopoli, dove vengono ammassati a migliaia di tonnellate, gli scarti tecnologici che arrivano in nave dall’Europa. Telefonini, computer, televisori e tutta la gamma di derivati ipertecnologici della nostra società usa e getta. I rifiuti dell’opulento Occidente diventano una manna per i disperati di Accra. Guadagna il governo, che si fa pagare per accettare di essere inquinato dagli stessi Paesi che una volta facevano razzia di giovani, uomini e donne, ma anche bambini, per venderli come schiavi. Ora la tratta degli schiavi non è politically correct, ma esportare veleni è consentito. Le vittime sono sempre gli stessi, i poveri africani. Quegli stessi africani che cercano una vita migliore sbarcando, dopo tremende odissee, sulle nostre coste. Claudio, assieme al suo amico, padre Subash, tenta di portare conforto a questa popolazione di disperati. Cerca di aiutarli a non scappare dal loro Paese, aiutandoli a credere in un futuro diverso. Poco importa che siano per il 90 per cento di religione musulmana. Sono figli di Dio e vanno aiutati, il missionario non converte, ma conforta. La religione non si impone, come purtroppo anche la Chiesa, sbagliando, ha fatto in passato, ma si pratica. È la testimonianza, di fede e di solidarietà, il miglior metodo di conversione. Il sacerdote e il missionario laico cercano di portare aiuto offrendo i servizi basilari: assistenza sanitaria, asilo per i bambini, scuola per gli adulti analfabeti, avviamento professionale per i giovani. La “Clinica dei veneziani”, intitolata a Holy Bakhita, la schiava sudanese, divenuta santa per il suo percorso d’amore e di perdono, è un avamposto di civiltà nell’inferno di “Sodoma e Gomorra”, come veniva chiamata la baraccopoli, prima che il vescovo di Accra la ribattezzasse, con grande ottimismo, “The City of God”. Ed è qui, nelle notti insonni a causa dell’assordante rumore dei tamburi, che Claudio ha avviato le profonde riflessioni racchiuse in questo libro. Un esame di coscienza, durato molti mesi, che viene messo a disposizione di tutti, perché chiunque si può ritrovare nei pensieri, nelle domande, nei dubbi, nelle paure, nelle speranze che arrovellano Claudio, giunto ad un’età in cui la sabbia nella clessidra della vita comincia ad esaurirsi. Si va verso il dopo, ma ci si interroga sul prima, sul perché, sul come. Lui, forte di una fede granitica, non sa darsi le risposte. E sceglie come interlocutore, in questo dialogo, con la coscienza, la sua Anima. Turina, dalla prima all’ultima pagina, parla con l’Anima, l’essenza che più lo conosce, essendo compagna di viaggio dal primo all’ultimo respiro. È un monologo, perché l’Anima non risponde, come Dio non parla. Sarebbe facile credere se il Signore si manifestasse per porre fine alle nostre titubanze. Come ha fatto con Tommaso. La fede è un atto di accettazione totale. Claudio lo sa e da tempo ha dato tutto se stesso a Dio. E questo è un grande appagamento, donarsi, lasciarsi andare, dà serenità. Però il silenzio pesa. In questo viaggio interiore Claudio prova a interpretare i silenzi dell’Anima. Ricompone un puzzle, utilizzando le Scritture. Non può darsi le risposte che cerca. Può avvicinarsi. Prova ad avvicinarsi al Mistero. Ma il Mistero è Dio. Sarebbe quasi blasfemo tentare di dare una risposta. Tutto è rinviato a dopo, quando avremo raggiunto il traguardo del nostro cammino terreno. Le riflessioni di Claudio Turina, che partono da un postulato di fede assoluta, aiutano anche chi non ha questa certezza. Servono a meditare sulla piccolezza di ognuno di noi. Puntini nell’universo. Attimi fuggenti nell’arco di diversi miliardi di anni di evoluzione del Creato. Niente, di fronte all’infinito. Temporale e spaziale. Solo provare a pensarci fa girare la testa. Sono concetti troppo grandi per la nostra mente. Anche volendo affidarci solo alla scienza e negando il Divino, finiamo per perderci e porci altre domande senza risposta. Chi e cosa prima del Big Bang? Non c’è scienziato che abbia una risposta esaustiva. Solo teorie, ipotesi. E se la risposta fosse molto più semplice? Non puoi capire, perché tutto questo fa parte del Progetto di Dio! Claudio Turina, e nemmeno la sua Anima, con la quale dialoga con grande confidenza, rispondono. Il complesso, e sofferto, ragionamento filosofico-spirituale, non riesce ad arrivare oltre l’ignoto. Ci si perde nell’Infinito, ma il naufragar m’è dolce in queste mare, ci insegna Leopardi. La risposta soffia nel vento canta Bob Dylan. La risposta è nel Creato, suggerisce Claudio.
Vittorio Pierobon
Giornalista
(già vicedirettore de Il Gazzettino)