Venezia 4 dicembre, 2010
Al nostro arrivo a Ngombezi tutti i bambini del villaggio ci guadavano perché non avevano mai visto un bambino bianco. Non mi sentivo tanto a mio agio con tutti questi occhi che mi fissavano. Ho incominciato a sentirmi meglio quando mi sono trovata a casa di Padre Joel insieme con il suo figlio David e il nostro fratello adottivo William. Con loro abbiamo giocato a nascondino, a carte, a prendersi ed a calcio. Quante risate!
Inizialmente pensavo che i bambini non andassero a scuola e chiedessero la carità, ma mi sbagliavo: giocavano, scherzavano e correvano come noi. Se i ragazzi avevano soldi per pagarsi la divisa, il quaderno e la penna andavano a scuola, altrimenti rimanevano analfabeti. Un giorno andai a vedere come lavoravano i ragazzi del liceo e mi accorsi che studiavano tanto e in inglese. Erano molto silenziosi e ubbidienti rispetto alla mia classe anche se erano in tantissimi. Bastava solo la parola ‘silence’ e stavano in silenzio. Prima di cena bisognava anche stare parecchio in silenzio per ringraziare il Signore per il cibo. Seduti sul divano di Padre Joel mangiavamo insieme ugali e pollo.
Il sapore di ugali assomigliava a quello della polenta però il colore era più chiaro. Siccome uno dei loro galli cantava alle tre di mattina e infastidiva tutti, Padre Joel ha deciso di mangiarlo. Era un po’ magrolino ma almeno era sano e senza conservanti. In Tanzania anche i galli devono imparare a stare in silenzio!
Costanza Pagnin
Scuola Manzoni, V elementare