La cena a base di riso e fagioli è già quasi un ricordo, le faccende sbrigate con fraterna collaborazione, le preghiere dette con ardente devozione ed i discorsi fatti intorno al focolare a suggellare una dimenticata comunione.
Tutto tace, ora nella casa di Padre Joé, padre di molte anime, marito di nessuna donna, custode di tanti figli, fratello per tanti bisognosi. Tutto tace nonostante nella stanza accanto si trovino quattro bambini insieme in un letto, situazione questa che avrebbe comportato grida su grida se solo il letto avesse avuto lenzuola ricamate.
Tutto tace a ricordare la rigorosa educazione che è stata non imposta, ma ricercata e condivisa in questo paradiso in cima alla collina. Solamente rimanendo storditi da questo silenzio, in lontananza si può avvertire un suono ritmato e moderno proveniente da chissà quale locale, che, invero, stona nella consueta melodia dei profumi portati dal vento. Ed allora è in questi momenti che mi interrogo su quella che noi chiamiamo civilizzazione; e quasi mi vergogno che ci sia qualcuno che si arroghi il diritto di imporre una sua scelta anche a chi non ha scelto. Me ne vergogno perché è un segno di occidente, di vita costruita, di piaceri effimeri, di tappe bruciate, di uomo bianco.
Ma com’è possibile che dopo così pochi giorni già faccio di questi pensieri? Com’è possibile che la mente tenda a scansare cose che avrebbe accolto senza batter ciglio sino a pochi giorni prima? Io una spiegazione credo di averla trovata. Io credo sia stato l’amore che Padre Joé e la sua famiglia hanno incondizionatamente riservato per uno sconosciuto quale ero io per loro; mi hanno accolto come un amico di vecchia data che viene da lontano e che non ripartirà a breve.
Io credo sia stato l’incantesimo che quei bambini esercitano sul tuo cuore; non una lacrima, non un capriccio, non un “voglio…” solamente sorrisi sinceri e tanta voglia di stare insieme. Io credo che per mantenere questa serenità, questi principi, questa coesione, quest’armonia, fratello mio, non dovrai far entrare nella tua vita tutto quello che uno sprovveduto uomo bianco ti racconterà. E’ vero non hai una televisione, non hai una macchina, non hai neanche una delle mille futili cose per le quali noi ci affanniamo.
Ma hai tanto, tanto di più, ed hai la possibilità di vedere in noi il vostro futuro; potrai scegliere cosa seguire e cosa non seguire, cosa è bene copiare e cosa bisogna solo dimenticare. Hai la possibilità di ripercorrere delle strade costellate di impronte lasciate da chi ti precedeva; starà a te, o fratello, scegliere quelle più lievi, più alla luce del sole e non farti fuorviare da quelle profonde, scure e quasi scavate da chi portava con se un pesante fardello di indifferenza e di amori dimenticati…
Ed io, dal canto mio, non ti lascerò solo, non lascerò che questi pensieri volino via ed escano dalla rete di quel milione di stelle che mi guarda, in questa notte d’Aprile qui a Mgombezi. Non lascerò che queste emozioni rimangano confinate in questa povera stanza ma proverò a portarle con me, nella mia terra, ed a mostrarle a chi vorrà inebriarsi di semplicità e lasciarsi emozionare.